di Alberto Samonà
Parole, Musica, Danze Sufi
Opera scritta da Alberto Samonà, tra simboli, racconti e analogie proprie del Sufismo, “Il derviscio di Bukhara” è un invito alla ricerca interiore e alla scoperta di un universo di possibilità che si dischiudono man mano che la narrazione prosegue, con le danze e la musica sufi che accompagnano gli spettatori in una dimensione nuova, ancorché antica di secoli. È un incontro con se stessi, che diviene possibile a partire da una storia ambientata nella città di Bukhara, nell’Asia Centrale, nota per la sua collocazione geografica nella “Via della Seta” e dunque, nel tempo, meta di viaggiatori che attraversavano vasti territori su questa rotta che congiungeva Oriente e Occidente.
In scena Stefania Blandeburgo e Davide Colnaghi. Musica e canti sufi con Tito Rinesi e l’Ensemble Dargah: Tito Rinesi (voce, tamburo a cornice, saz), Piero Grassini (oud e voce), Renè ”Rashid” Scheier (flauto ney) e Flavio Spotti (percussioni e voce). Danze dei dervisci con Amal Oursana e Grazia Cernuto.
Al centro della vicenda narrata, arricchita anche dall’inserimento di alcune storie della tradizione sufi, l’arte dei tappeti e della loro tessitura, che in questi luoghi si tramanda pressoché immutata da sempre e che schiude alla conoscenza di una antica sapienza artigiana giunta fino a noi.
Le armonie musicali e i canti sufi, patrimonio dei dervisci, accompagnano sovente il sacro rito dello zhikr e le danze, ancora oggi, danno la possibilità di scoprire un universo Sacro che congiunge il nostro piano con quello Divino. Allo stesso modo, il ritmo della voce completa l’opera in una “circolarità rituale”, che lo spettacolo mette in evidenza. “Il derviscio di Bukhara” può, dunque, essere considerato come un gesto di ringraziamento, di armonia con il piano universale, che avviene mediante la parola, il suono e il movimento.